Il Vino del Vesuvio

I vini di Masseria dello Sbirro

Le radici storiche

Le prime testimonianze delle tradizioni enologiche del Vesuvio si rintracciano in Aristotele, il quale racconta che i Tessali impiantarono le viti nella zona Vesuviana sin dal V secolo a.C.

Nel mito, Poseidone ed Efesto tennero a battesimo le prime bacche, Nettuno e Vulcano videro scorrere l’antico nettare dalle pendici del Vesuvio fino al mare. Le divinità greche e romane del mare e del fuoco protessero i vitigni che affondavano le radici nel cuore di una terra ribollente allungando i loro tralci sulla costa tirrenica.

Due fulcri geologici vulcanici sono l’humus naturale dell’origine, evoluzione e peculiarità della viticultura campana: il complesso vulcanico Monte Somma – Vesuvio e i Campi Flegrei, tutt’oggi ambienti ideali e ricchi di varietà di vigne e di tradizioni culturali. La superficie vitata si estende dalle prime falde fino all’altitudine di circa 700 m.s.l.m. dell’area vulcanica Monte Somma – Vesuvio. I terreni godono di una diversa giacitura e possono essere distinti in 2 sottozone: l’Alto Colle Vesuviano (oltre i 200 m s.l.m.) con terreni tutti più o meno in pendio e il Versante Sud-Orientale, i cui terreni sono rivolti verso il mare.

La nostra storia

Quando abbiamo aperto la nostra azienda agricola avevamo un sogno nel cassetto: produrre un vino che fosse indissolubilmente legato al territorio, che avesse con esso un legame di fuoco…di sangue! Insomma un vino che nascesse dalle viscere del Vulcano.

Due vini per iniziare Lacryma Christi DOC rosso e bianco dedicati al culto di San Gennaro.

“ppe ccose importanti se jetta ‘o sanghe” questo è cio che troverete sul nostro Divo Januario il Lacryma Christi rosso.  Per i  diversamente  Napoletani “per le cose importanti si butta il sangue o meglio si versa il sangue”   il sangue di San Gennaro e il sangue ”sudore” di chi coltiva come noi in questa terra difficile ma generosa.

Per le nostre etichette non potevamo non scegliere le  illustrazioni del nostro amico Alfredo Troise, artista tourettico ma ancor prima pirotecnico e piroplastico  che dipinge Vesuvi in eruzioni ritratti di San gennaro e occhi tanti occhi…..gli occhi di chi da piccolo lo ha giudicato e oggi lo ammira per le sue opere.

A seguire abbiamo deciso di essere ancora più territoriali e ci siamo spinti a realizzare un Caprettone in purezza e un Piedirosso in purezza che sono considerati ormai da diversi anni l’espressione della produzione vitivinicola del territorio.

A chi dedicare questo vino se non a Santa Patriza copatrona di Napoli che con San Gennaro ha in comune lo scioglimento del sangue.  Qui troverete “O mare ca è amaro ce porta luntano”  Santa Patrizia per noi PATRì Intraprese un viaggio verso la Palestina, ma una forte tempesta la spinse a Napoli dove rimase fino alla fine dei sui giorni anche il nostro è un viaggio che speriamo ci porti lontano.

Il Suolo Vulcanico, la forza dei nostri vini

Il Vesuvio è collocato tra il Golfo di Napoli, le impetuose catene dei Monti Lattari e l’Appenino Irpino. Il territorio beneficia dei venti provenienti dal mare che, uniti ai venti dei monti, garantiscono alla vite il microclima ideale per vegetare e produrre uve di straordinaria qualità.

Il suolo, di natura vulcanica e ricco di potassio, è formato in parte da depositi di ricaduta o di flusso ed in parte da depositi vulcanoclastici risedimentati localmente ad opera di acque di scorrimento superficiale.

I Vitigni

La vitivinicoltura del Vesuvio ha preservato le sue particolari caratteristiche e i suoi tratti distintivi di antiche origini.

Il Caprettone e il Piedirosso, considerati ormai da diversi anni l’espressione della produzione vitivinicola del territorio, sono coltivati, sui declivi vulcanici, a piede franco, cosi da trasferire a ogni grappolo la tipicità del vitigno e l’impronta vulcanica dei terreni.

Le vigne, infatti, affondano le loro radici nella sabbia vulcanica la cui composizione impedisce alla Fillossera, nefasto parassita, di raggiungere l’apparato radicale della pianta.

L’esposizione dei vigneti, localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, i terreni ricchi di declivi naturali, l’influenza della brezza marina che attraversa le vigne costantemente, la calda esposizione e la buona illuminazione, sono tutti fattori che concorrono a determinare un ambiente pedoclimatico particolarmente favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.

Non è difficile imbattersi in vigne centenarie e quelle ormai improduttive sono reimpiantate con l’antico metodo della propaggine, interrando un tralcio di una vite produttiva per far nascere una nuova pianta

Le uve

Caprettone per il Lacryma Christi Bianco.

Piedirosso (Per e Palumm) per il Lacryma Christi Rosso

Lacryma Christi DOC

Il Lacryma Christi è il vino prodotto con le uve auctone del Vesuvio, conosciuto già ai tempi degli antichi Romani. Le prime testimonianze della coltivazione dell’uva sul Vesuvio risalgono, infatti, al V secolo a.C.Tra storia e leggenda

Il nome Lacryma Christi affonda le sue radici in leggende antiche. La più diffusa è quella che vuole che Lucifero, nella sua discesa agli inferi, abbia portato via con sé un pezzo di Paradiso. Gesù, riconoscendo nel Golfo di Napoli il Paradiso rubato, pianse lacrime copiose e dalle sue lacrime nacquero i vigneti del Lacryma Christi.

Secondo le testimonianze storiche la tradizione enologica del Vesuvio ha origine secoli prima di Cristo. Secondo Aristotele, infatti, i Tessali, antico popolo della Magna Grecia, impiantarono le prime viti sul Vesuviano nel V secolo a.C.

Cinque secoli più avanti Marziale scrisse: “Bacco amò queste colline più delle native colline di Nisa”.

Dopo l’avvento del Cristianesimo i monaci che qui vivevano nella “torre” continuarono la coltivazione del vino “greco”